La Natura

La Caldara

Il fascino del vulcanesimo secondario

L’esempio più coinvolgente del vulcanesimo secondario sabatino è la CALDARA, sulla sinistra della strada per il Sasso, a pochi chilometri dalla Braccianese. Ormai riconosciuta come sito di importanza comunitaria dalla Commissione Europea, la Caldara è un “Monumento Naturale” (L.R. n° 64 del 26.09.88) - ora inglobato nel Parco di Bracciano e Martignano - il cui fascino nasce dalla voce del tempo, più che dal singolare paesaggio.
Il cinto craterico, dovuto probabilmente a movimenti tettonici, presenta a nord-nord-ovest un modesto rilievo. A est, sud e ovest un boschetto di betulle dal tronco lattescente cinge i contorni dell’area; un rivo d’acqua, il fosso della Caldara, attraversa lo stagno sull’estremo lato orientale.
Dove non crescono gli alberi, la landa stepposa - verdissima a primavera e giallo-ocra d’estate - permette di avere la vista completa della palude, la cui estensione varia sensibilmente nel corso dell’anno. In posizione eccentrica, a Nord, un potente getto d’acqua sulfurea a 20°, che i Manzianesi più anziani chiamano ancora “Bollore”, ha del tutto scolorito le erbe che lo circondano. Là dove l'acqua è meno profonda, la vegetazione morta si accumula sul fondo impermeabile e, in un ambiente senza ossigeno, si arricchisce di carbonio, dando origine - col tempo - alla torba.
Dal pieno autunno a primavera la distesa di giunco e di cappellino comune, che lambisce la Caldara, si fa acquitrino. Nelle frequenti pozze mormorano bollicine più o meno grandi, sollecitate dalle emissioni di anidride solforosa. D’estate, quando il fondo della palude esce qua e là allo scoperto, l’acqua che gorgoglia sul terreno è bianchissima e di consistenza quasi cremosa. Qualche volta, nel corso delle stagioni, i venti spingono fino al grande bosco l’odore pesante dei gas sulfurei - le “loffe”, come dicono a Manziana.









Associazione Culturale Il Mascherino - Copyright by GENOMEGA