La Natura

Solfatara e Solfaraticchie

Nella coltre ignimbritica non mancano poi esiti di metasomatosi, fenomeno del vulcanesimo secondario per cui l’azione delle acque - sulfuree e non - ad alte temperature ha contribuito ad alterare la struttura minerale delle rocce.
Il più interessante e complesso di questi esempi è dato dalla Solfatara, presso il confine orientale dell’antica Selva, unica per l’aspetto quasi lunare della roccia cariata e riarsa, sopra la quale si staglia il sipario verde cupo degli alberi. Partendo dal basso (-358 m), dall’antichissimo imbasamento pliocenico marino di marne e argille grigio-verdastre, troviamo la lava leucititica, sulla quale poggia una roccia ignimbritica fortemente alterata ed impregnata di solfuro di ferro. A seguire, uno strato di colore nerastro, costituito da zolfo nativo, marcasite ed elementi vulcanici incoerenti. Poi appare una coltre in cui le rocce, assai chiare, hanno maggiormente risentito dell’attività idrotermale (compare l’alunite), risultando quasi completamente prive di ferro. Infine, proprio sotto il terreno, l’ignimbrite meno modificata, in cui lo zolfo occupa cavità e fratture.
All’interno del bosco, le Solfaraticchie sembrano, nella stagione buona, un’ondulata radura priva d’erba, dove le striature grigio-bianche del terreno appaiono quasi naturali. Tra l’autunno e la primavera, dopo una pioggia intensa, si vede gorgogliare l’acqua non ancora riassorbita dalla terra.









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