La Storia

Verso la nascita di Manziana

L’area manziate non rimase del tutto spopolata. Nel secondo ’400 e nei primi anni del secolo seguente il bosco vide all’opera carbonai e tagliatori di legna, che vivevano in rustici ricoveri nella cerreta; il legname, in particolare, era necessario a Roma, per i lavori di abbellimento artistico ed edilizio della città, soprattutto per la riedificazione della basilica vaticana.
Un nucleo stabile di capanne presso il bosco era visibile nel 1526, mentre a Roma operava un numero elevato di artisti e maestranze della Toscana. Poi, verso la metà del secolo, il S. Spirito decise di passare alla gestione diretta delle proprie terre, a causa del continuo e consistente bisogno di carbone e derrate alimentari per la propria attività. Nacque così l’idea di attirare coloni nel feudo di S. Pupa - a lavorare per conto dell’Archiospedale - offrendo loro lembi di terra da diboscare e poi coltivare. E i coloni cominciarono a venire dalla Toscana interna, dall’Umbria, dalle Marche. Furono questi i primi "capannari". Gente povera e bisognosa di lavorare, non certo (come a lungo si è detto) fuorusciti politici fiorentini che fuggivano il ritorno dei Medici.
L’8 ottobre 1560 il precettore Bernardino Cirillo firmava a Roma la prima e più famosa Convenzione coi capannari. Ad essi si riconosceva l’affidamento in enfiteusi - sino alla quarta generazione maschile - di mezzo rubbio di terra (circa un ettaro), sul quale costruire anche l’abitazione in legno. Un quinto dell’intero prodotto doveva essere consegnato al S. Spirito. Inoltre agli enfiteuti venivano assegnate a rotazione, per un periodo di due anni, altre terre a sud-ovest del bosco, da lavorare per l’Archiospedale. Il S. Spirito riservava a sé l'allevamento dei maiali. Gli 'animali negri' erano ospitati nell'attuale Ipogeo delle Macerine: appena all'esterno venne edificata la 'casa dei porcari'.

Intanto, le carte geografiche del secondo '500 non registravano ancora la nascita del nuovo nucleo abitato.









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